Le autonomie locali tra virtuosità e penalizzazioni: il paradosso del Documento di finanza pubblica 2025

Il Documento di finanza pubblica 2025, recentemente all’attenzione delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, offre un’istantanea nitida – seppur non esplicitamente valorizzata
– della solidità con cui le autonomie locali hanno affrontato una fase complessa della
vita economica del Paese. Le rappresentanze di Comuni, Province e Città metropolitane audite in Parlamento hanno rimarcato un dato incontrovertibile: gli enti locali non solo non contribuiscono all’aggravamento del deficit pubblico, ma costituiscono da oltre un decennio un argine alla sua espansione.

Un saldo positivo e stabile: il contributo delle autonomie locali al risanamento

Il DFP stesso certifica che il comparto delle amministrazioni locali – Comuni, Province e Regioni – presenta un accreditamento netto costante, pari al +0,1% del PIL in ciascuno degli anni dal 2024 al 2027. A fronte di un deficit pubblico che scenderà progressivamente dal –3,4% del 2024 al –2,6% nel 2027, il saldo delle amministrazioni locali risulta in equilibrio o addirittura in avanzo.

Più nel dettaglio, il saldo degli enti locali in senso stretto (Comuni, Province, Città metropolitane) è stato positivo per oltre un miliardo di euro nel 2024. Questo risultato si accompagna a una spesa in crescita contenuta rispetto al PIL: nell’ultimo decennio, il peso della spesa comunale sul totale della spesa pubblica è sceso dall’8% al 6,5%. Il lieve aumento registrato nel 2024 (+17,1%) è interamente attribuibile alla ripresa degli investimenti, in buona parte legati al PNRR.

L’impennata degli investimenti locali: un’occasione colta

I numeri parlano chiaro. Tra il 2018 e il 2024 gli investimenti annuali dei Comuni sono passati da 8,4 miliardi a 19,1 miliardi di euro, con un aumento del 129% rispetto al 2017. Solo nel primo trimestre del 2025 si è registrato un ulteriore incremento del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Le Province, dal canto loro, hanno visto crescere la spesa in conto capitale da 891 milioni di euro nel 2019 a oltre 2,3 miliardi nel 2024 (+160,6%). Un balzo che ha riguardato principalmente due ambiti strategici: edilizia scolastica e manutenzione della rete viaria. Il ruolo svolto da queste amministrazioni nella realizzazione delle opere pubbliche del PNRR è stato cruciale: secondo un monitoraggio UPI, su oltre 1.700 progetti assegnati alle 86 Province italiane, gli extracosti affrontati per completare le opere hanno già superato i 150 milioni di euro, anticipati con risorse proprie.

Spesa corrente sotto pressione: il nodo che rischia di soffocare i servizi

Nonostante questi risultati virtuosi, la Legge di Bilancio 2025 introduce nuove strettoie. Le misure di contenimento della cosiddetta “spesa primaria netta” colpiscono in modo lineare le risorse correnti degli enti locali, trasformando parte delle risorse in accantonamenti obbligatori che potranno essere spesi solo in futuro.

Questa operazione, che appare incoerente rispetto alla solidità dimostrata dai bilanci locali, si traduce in una contrazione delle risorse disponibili in fase di gestione: le Province, ad esempio, dovranno fare i conti con uno squilibrio corrente di 928 milioni di euro, in peggioramento rispetto agli 842 milioni del 2022. A ciò si sommano i tagli derivanti da operazioni di spending review per circa 150 milioni di euro nel periodo 2025-2029.

Il tutto in un contesto in cui le spese obbligatorie aumentano: rinnovi contrattuali del personale, aumenti dei prezzi per servizi esternalizzati, energia e beni essenziali stanno determinando una pressione crescente. Per i Comuni, ad esempio, l’ultimo rinnovo contrattuale ancora da applicare comporterà oneri stimati in un miliardo di euro, mentre l’adeguamento dei prezzi per i beni di consumo potrebbe richiedere fino a due miliardi annui aggiuntivi.

Tagli agli investimenti: un futuro a rischio dopo il PNRR

Ancora più grave è la scelta di ridurre drasticamente, a partire dal 2026, le principali linee di finanziamento per gli investimenti locali. Secondo il DFP, le riduzioni ammontano a 3,2 miliardi nel quinquennio 2025-2029 e a ulteriori 5 miliardi fino al 2037, per un totale di oltre 8,2 miliardi. Molti fondi sono azzerati o drasticamente ridotti: dalle opere nei piccoli Comuni ai progetti di rigenerazione urbana, dai contributi per la progettazione agli interventi del programma PINQuA per la qualità dell’abitare.

Le Province perdono 1,7 miliardi di euro destinati alla manutenzione straordinaria della rete viaria. Eppure, lo stesso DFP riconosce che per ponti e viadotti provinciali serviranno ulteriori 3 miliardi rispetto a quanto già previsto a bilancio. Il rischio è chiaro: alla conclusione del PNRR, senza fondi ordinari in grado di garantire la continuità, l’intero sforzo messo in campo dagli enti locali rischia di infrangersi contro una nuova stagione di tagli.

Un cambio di paradigma è necessario

Il paradosso è evidente: gli enti locali che hanno saputo investire, progettare, attuare e rispettare i vincoli di finanza pubblica, vengono ora penalizzati con tagli alla spesa corrente e ai fondi per gli investimenti. Si rischia di soffocare proprio gli attori che hanno dimostrato maggiore capacità di attuazione, come dimostra il successo del PNRR a livello territoriale.

È urgente un’inversione di rotta. Serve un piano di investimenti strutturale, non vincolato all’emergenza o alla temporaneità dei fondi europei, e un rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti locali, come previsto dalla Costituzione. Solo così sarà possibile dare continuità alle politiche pubbliche, garantire i servizi essenziali e affrontare con efficacia le sfide di coesione sociale, transizione ecologica e innovazione amministrativa.

Le autonomie locali non sono un capitolo di spesa, ma il motore della trasformazione del Paese. Riconoscerne il valore significa investire sul futuro dell’Italia.