
In un recentissimo arresto il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 aprile 2025, n 3117) si è espresso in merito alla possibilità che la certificazione di parità di genere possa essere oggetto di “prestito” attraverso l’avvalimento premiale.
Questa possibilità è stata negata dai giudici di Palazzo Spada nel caso scrutinato proprio in ragione del fatto che per i raggruppamenti temporanei il possesso della certificazione ai fini dell’ottenimento del punteggio aggiuntivo era richiesto in capo a tutte le imprese raggruppate.
Il tema di fondo affrontato dal Consiglio di Stato riguarda la legittimità del contratto di avvalimento premiale stipulato tra la mandataria e la mandante al fine di fornire a quest’ultima la certificazione di parità di genere di cui la stessa era priva.
Si è ritenuto, perciò, che tale possibilità non sussista laddove il disciplinare di gara reca delle clausole ostative molto chiare al riguardo.
Nel caso di specie, infatti, la lex specialis prevedeva espressamente, ai fini dell’attribuzione del punteggio all’offerta relativo al possesso della certificazione di parità di genere del concorrente, che in caso di raggruppamento temporaneo tale certificazione dovesse essere posseduta da ciascun componente del raggruppamento.
Ma non solo: veniva ribadito, in caso di avvalimento premiale, il divieto della contestuale partecipazione alla gara dell’impresa principale e dell’impresa ausiliaria
Quindi: se da un lato la certificazione in questione deve essere posseduta da ciascun componente del raggruppamento e dall’altro impresa principale e impresa ausiliaria non possono partecipare contestualmente alla medesima gara – come invece avverrebbe per la mandataria e la mandante di uno stesso raggruppamento – la conclusione deve essere che l’avvalimento premiale non può essere utilizzato ai fini di “prestare” la certificazione di parità di genere dall’impresa mandataria a favore dell’impresa mandante che ne sia priva.
Al di là del decisum, rigorosamente segnato dall’esistenza di un bando di gara apparso estremamente chiaro e completo sul punto, resta aperta la più generale problematica relativa alla possibilità di ricorrere all’avvalimento premiale avente ad oggetto la certificazione di parità di genere.
Su tale questione si registrano divaricazioni di pensiero tra i tribunali amministrativi di primo grado.
Da un lato sono emerse posizioni restrittive (Tar Bolzano, 4 novembre 2024, n. 257) – del tutto conformi alla sentenza del Consiglio di Stato in commento –tese a negare la possibilità di avvalimento premiale per l’ottenimento della certificazione sulla parità di genere.
La tesi muove dal fatto che la certificazione di parità di genere ha la finalità di accertare l’esistenza nell’ambito delle organizzazioni aziendali di strumenti e procedure volti a misurare, rendicontare e valutare i dati relativi alla parità di genere con l’obiettivo di colmare il gap esistente e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo.
Perciò la certificazione di parità di genere attiene a una condizione soggettiva intrinseca all’azienda, che come tale non può costituire oggetto di un contratto di avvalimento, in quanto non assimilabile a una risorsa suscettibile di essere messa a disposizione dall’impresa ausiliaria a favore dell’impresa principale.
Altro filone giurisprudenziale (Tar Marche, 7 novembre 2024, n. 862) giunge a conclusioni opposte esprimendosi in termini positivi sulla possibilità di ricorso all’avvalimento premiale, rifacendosi alla pregressa giurisprudenza del Consiglio di Stato che – sia pure con riferimento alla diversa ipotesi dell’avvalimento riferito al prestito dei requisiti di qualificazione – ha ritenuto che lo stesso potesse riguardare la certificazione di qualità.
Secondo questo orientamento, infatti, la certificazione di parità di genere, analogamente alla certificazione di qualità, è riferibile ai processi aziendali e alla relativa organizzazione complessiva, ed in quanto tale può essere oggetto di avvalimento.
Data la ragionevolezza ed il pregio di entrambe le tesi seguite dalla giurisprudenza resta difficile trovare una soluzione unica.
Si è detto che il recente arresto del Consiglio di Stato oggi commentato di per sé non è in grado di risolvere il problema generale dal momento che la conclusione negativa si riferisce esplicitamente a un’ipotesi particolare, in cui l’avvalimento premiale relativo alla certificazione della parità di genere si articola all’interno di un raggruppamento temporaneo di imprese.
Restano invece dei dubbi se tale conclusione possa essere applicata anche alla diversa ipotesi in cui l’avvalimento premiale sia finalizzato a “prestare” la certificazione di parità di genere a un concorrente che ne sia privo da un’impresa ausiliaria terza.
Mai come in questo caso: ai posteri l’ardua sentenza!
A cura di Avv. Andrea Pensi- Direttore Ufficio Giuridico di ALI