Intervista al Senatore Michele Fina

Senatore, il 23 gennaio 2025 la Conferenza Stato Città ha raggiunto un’intesa sui criteri e le modalità di ripartizione dei tagli ai Comuni

Si avverano i nostri peggiori timori, da tempo denunciamo i tagli al comparto degli enti locali, è troppo semplice per il governo scaricare l’onere di spiegare ai cittadini il perché dovranno ridurre i servizi sociali, piuttosto che aumentare i costi del servizio mensa nelle scuole, ridurre i contributi per gli affitti o in generale fornire minori servizi o investimenti. Parliamo di 1,5 miliardi di tagli tra il 2025 e il 2029 che impattano su 6.872 Comuni e 95 tra Provincie e Città Metropolitane. Rimangono esclusi dai tagli alcuni enti, tra cui quelli in dissesto finanziario, gli enti in procedura di riequilibrio finanziario e gli enti per i quali il periodo di risanamento di cinque anni ex art. 265, comma 1, del Tuel, è terminato, ma l’organismo straordinario di liquidazione è ancora insediato.

Ancora una volta gli Enti locali sono costretti a pagare possiamo dire che è tornata l’epoca dei tagli?

Purtroppo si, durante il Covid siamo stati in grado di scardinare vecchie logiche e di fare importanti passi avanti sia a livello italiano che europeo, capovolgendo un approccio ottuso e rigorista. Il debito comune europeo e il PNRR ci hanno consentito di disegnare politiche espansive i cui benefici sono sotto gli occhi di tutti, crescita economica, debito in calo, investimenti, sembrava davvero una stagione nuove, la destra ci riporta indietro di 10 anni. Tra l’altro si tratta di accantonamenti obbligatori di risorse, quindi oltre al danno anche la beffa, i comuni saranno costretti a tenere fermi in cassa soldi che invece potrebbero spendere per le loro collettività.

Ci fornisce la sua lettura politica?

I Comuni sono il terminale ultimo del sistema delle autonomie, lo strumento principale per la concreta realizzazione delle politiche e per il dialogo costante con le cittadine e i cittadini. Il modo in cui questi sono trattati dice molto dell’approccio centralistico di questo governo, al netto dei patti di scambio premierato-autonomia differenziata. Se analizziamo la ripartizione dei tagli dal punto di vista del taglio medio per ogni cittadino, ci rendiamo conto di come a pagare di più siano soprattutto i comuni più piccoli, che già faticano a tenere in piedi le funzioni di base. Utilizzando questo metro, salta subito all’occhio come tra i primi 400 comuni che subiscono i tagli maggiori, in termini pro-capite, solamente uno supera gli 11mila abitanti. Quella delle aree interne sta diventando ormai una questione dirimente per l’Italia, che assiste alla lenta agonia della fascia appenninica e alpina. Come forza di opposizione dobbiamo offrire il nostro contributo; abbiamo ad esempio presentato un emendamento al Milleproroghe in Senato per consentire ai vicesegretari comunali di continuare a operare in surroga dei segretari comunali con sedi vacanti, in attesa che vengano assunti i vincitori del nuovo concorso. Sono piccole cose ma che vanno nel necessario segno dell’attenzione che dobbiamo rivolgere agli amministratori locali.