
Nella nostra intervista esclusiva con il Prof. Marco Leonardi, professore di Economia Politica alla Statale di Milano, abbiamo esplorato i meccanismi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il futuro bilancio europeo sul modello Pnrr e le sue implicazioni per le autonomie locali. Con una visione chiara e diretta, il Professore analizza il passato, il presente e le sfide future del sistema di governance territoriale italiano.
Professor Leonardi si inizia a parlare del nuovo bilancio europeo 2025-2028, con nuove prospettive tra le quali un cambiamento di gestione verso il modello Pnrr. Crede che sia una risposta a Trump e al tema della competitività dell’Europa?
Credo siano da leggere come due elementi diversi: uno di merito e uno di metodo. Il rapporto con l’America di Trump riguarda la capacità di competere dell’Europa, e riguarderà più il tema dell’ampliamento del bilancio europeo e quindi alla quantità di risorse che si investiranno, mentre invece il modello di gestione e attuazione, che potrebbe essere più centralizzato sui governi risponde più ad un tema di efficienza. Gli Stati Uniti non hanno più lo stesso atteggiamento di prima nei confronti dell’Europa. L’Inflation Reduction Act di Biden, che sarà implementato ancora da Trump, con milioni di dollari di investimenti e incentivi, per adesso ha attratto molte imprese dell’Asia, ma ha come obiettivo quello di attrarre le imprese europee. In America le prospettive di bilancio sono deficit molto alto, circa 6-7%, debito in grande salita e quindi investimenti. Dall’altra parte ci siamo noi, con il nuovo patto di stabilità per i Paesi singoli che si tramuta in una dieta severa. Però se accanto a questa dieta severa pluriennale per i singoli Paesi non hai un bilancio europeo più largo, è difficile competere con gli investimenti americani. Ma come dicevo questo riguarda il merito, mentre il passaggio di una gestione da programmi a politiche riguarda più il metodo e potrebbe avere maggiormente effetti sui rapporti tra i livelli di governo.
Per capire cosa potrebbe cambiare facciamo un passo indietro. Ci racconti com’è nato il PNRR e come ha impattato sul sistema delle autonomie.
Il PNRR è nato come risposta allo shock macroeconomico generato dalla pandemia. Tuttavia, in Italia, viste le storiche differenze, è stato interpretato anche come uno strumento di perequazione territoriale, soprattutto per affrontare le disparità tra Nord e Sud. L’impostazione del Pnrr è stata fortemente top-down, con il Governo e la Commissione Europea a decidere gran parte della programmazione. Le Regioni, inizialmente escluse, sono riuscite a rientrare in gioco solo in un secondo momento, anche a seguito di alcune tensioni istituzionali.
Questa impostazione centralizzata ha avuto conseguenze significative per le autonomie locali. Quali sono i principali cambiamenti che prevede per il futuro?
Il “metodo PNRR” ha dimostrato, in una fase di emergenza, come la gestione potesse essere più centralizzata, con aspetti che possono essere positivi o negativi. Questo modello potrebbe essere adottato anche nella revisione delle politiche di coesione, dove con il passaggio da programmi a politiche si potrebbe passare a una maggiore centralizzazione delle decisioni a livello europeo e governativo. In questo scenario, le Regioni rischiano di perdere non solo la capacità di programmazione, ma anche quella di rendicontazione, elemento che potrebbe avere risvolti sia positivi, magari aumentando l’efficienza, sia negativi allontanando la programmazione dai territori.
Parlando di coesione territoriale, cosa pensa delle sfide che emergono nella gestione dei fondi europei?
Una delle maggiori difficoltà è sempre stata la capacità di spesa e rendicontazione. Il sistema di rimborso tradizionale è spesso lento e macchinoso. Con il PNRR, abbiamo visto un approccio diverso, basato sui risultati: i fondi vengono erogati una volta dimostrato il raggiungimento degli obiettivi, evitando anni di attesa per la rendicontazione. Se questo metodo fosse applicato alle politiche di coesione, si potrebbe assistere a un miglioramento nella gestione complessiva.
Passiamo al tema delle Province, spesso trascurate nel dibattito pubblico. Quale potrebbe essere il loro ruolo in una riorganizzazione delle autonomie locali?
Le Province potrebbero avere un ruolo importante, in alcuni casi si sente la necessità di un livello intermedio di programmazione strategica, in grado di coordinare le esigenze di Comuni, magari piccoli, o territori marginali. Attualmente, molti piccoli enti locali faticano a gestire progetti complessi come quelli legati al PNRR, spesso in assenza di una visione d’insieme. Una riforma organica che attribuisca alle Province funzioni chiare e risorse adeguate potrebbe colmare questo vuoto, soprattutto in aree come le zone interne, dove la frammentazione amministrativa è più evidente.
Guardando al futuro, quali sono le sfide principali per il sistema delle autonomie locali?
La sfida più grande sarà conciliare l’efficienza nella gestione delle risorse con la rappresentanza dei bisogni territoriali. La mancanza di una pianificazione strategica intermedia, soprattutto in settori come la rigenerazione urbana e le infrastrutture, ha già mostrato i suoi limiti. Inoltre, il contesto europeo richiederà un maggiore allineamento con le politiche comunitarie, bilanciando competizione globale e coesione interna.
Professore, la ringraziamo per questa analisi dettagliata e stimolante.
Grazie a voi. Credo sia fondamentale continuare a riflettere su questi temi, perché il futuro delle nostre istituzioni locali è cruciale per lo sviluppo del Paese.
Con questa intervista, il Prof. Leonardi ci ha offerto una panoramica chiara e approfondita delle dinamiche che stanno trasformando il rapporto tra lo Stato centrale, le Regioni e i Comuni. Una riflessione che invita a un dialogo costruttivo sulle sfide che attendono l’Italia nei prossimi anni.