
Si è riacceso in questo ultimo periodo il dibattito sulla necessità di un Piano Casa che possa dare risposta all’emergenza abitativa ed all’offerta di alloggio sociale1. Ciò con l’insediamento del nuovo governo Italiano Meloni e della nuova governance Europea. Riassumiamo solo quelli più significativi a titolo esemplificativo e non esaustivo, rimandando alla lettura degli stessi per comprendere il livello del dibattito. A livello europeo, prima delle elezioni del nuovo parlamento, il Cecodhas, comitato europeo per l’alloggi sociale, ha presentato il manifesto “20 azioni per un nuovo paradigma abitativo” per indicare alla nuova Commissione le soluzioni per risolvere in Europa l’emergenza abitativa2,
Dieci Sindaci delle grandi città europee, il Sindaco di Roma Gualtieri in testa, hanno scritto alla Presidente della Commissione Von der Leyen chiedendo di svolgere un ruolo di primo piano nelle politiche abitative dell’UE e di avere la capacità di gestire direttamente i fondi europei in questo settore.
L’ARCI ha lanciato l’iniziativa “Le città unite per il diritto alla casa: una proposta in cinque punti al Governo e al Parlamento” 3 per sollecitare il nuovo governo Meloni ed il Parlamento a incidere sulla emergenza abitativa con politiche di contrasto alla povertà abitativa: sfratti, caro affitti, scarsa offerta di alloggi sociali.
A livello di Città Metropolitane merita citare l’esperienza di Firenze con la nascita della alleanza per abitare ed il documento “Alleanza per l’abitare. I dieci comandamenti di sindacati e categorie: Patto contro la crisi”4.
Tutti i contributi richiamano alla necessità interventi in grado di aumentare l’offerta di alloggi sociali all’interno di programmi di riqualificazione urbana.
Il nostro Paese ha avuto di fatto solo due veri Piani Casa con diversi programmi di intervento come rimodulazione o modifica dei Piano stessi: il Piano Fanfani ed il Piano Berlusconi. Il secondo ha avuto il merito di aver definito l’alloggio sociale anche ai fini della notifica per gli aiuti di stato ed aver avviato i fondi di investimento per l’abitare partecipati dallo Stato e aperto ai privati sotto forma di Società di Gestione del Risparmio.
Il primo, di portata storica, è quello che di gran lunga ha realizzato il più grande patrimonio di edilizia residenziale pubblica, quale la maggioranza di quello oggi disponibile, finanziato con la Gescal5.
Disponibilità di risorse e capacità di realizzazione degli interventi in tempi brevi sono le leve per la soluzione al problema casa. Le risorse possono essere di natura finanziaria o patrimoniale. Sul patrimonio da mettere a disposizione per la realizzazione degli alloggi sociali molto si può fare considerando il non utilizzo di molti immobili pubblici. La loro cartolarizzazione o iscrizione a bilancio con valori improbabili di vendita determinano, al di là delle previsioni dei Piani Casa, una impossibilità a usare tali immobili per l’edilizia residenziale pubblica. Le strade che rimangono aperte sono la nuova costruzione e il recupero del patrimonio di edilizia residenziale pubblica non assegnabile perché non a norma. Per entrambe occorre un programma di finanziamento pubblico certo e costante negli anni. Questo può attivare programmi di riqualificazione urbana, specie dei quartieri popolari delle Città, con partecipazione del privato per interventi di edilizia residenziale convenzionata, più o meno agevolata, e di direzionale, commerciale e servizi: i cosiddetti Piani Integrati.
La Gescal aveva il merito di sancire un patto per finanziare in modo strutturale e duraturo l’offerta delle case ai lavoratori (e non solo) siglato tra sindacati, imprese datoriali di lavoro e imprese di costruzione. Dopo la sua abolizione non c’è stato un analogo strumento ma anzi si sono utilizzati i suoi residui per finanziare interventi di edilizia residenziale pubblica per l’acquisto di alloggi a prezzi concordati o agevolati, a proprietà divisa, a discapito dell’assegnazione in affitto e in proprietà indivisa. Ciò ad inseguire il sogno italiano alla casa di proprietà. L’Italia ha infatti, in Europa, la più bassa percentuale, rispetto il numero di abitanti, di alloggi in affitto e tra questi la più bassa percentuale di alloggi sociali.
Questo, insieme alla vetustà ed inagibilità degli alloggi pubblici, da un lato, e l’aumento degli affitti nelle grandi città, dall’altro, sta peggiorando la condizione abitativa con aumento di senza tetto e della povertà abitativa (difficoltà a sostenere le spese per la propria abitazione). Ciò introducendo nuove forme di povertà come quella energetica e con un aumento della morosità incolpevole e della impossibilità a far fronte alla manutenzione ordinaria e straordinaria del proprio alloggio. Elementi questi ultimi che nel caso di assegnazione di un alloggio pubblico mettono in crisi il sistema di gestione dell’edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.
Con l’invecchiamento della popolazione si pone, inoltre, il problema dell’abitare per anziani autosufficienti. In questo caso una risposta efficace e moderna è rappresentata dal senior housing 6.
Ecco perché il tema delle politiche abitative nelle grandi città diventa centrale anche nel dibattito sulle politiche sociali.
Interventi di incremento dell’offerta di alloggi sociali per lavoratori, studenti ed anziani con la nuova costruzione o con il recupero del patrimonio esistente, infatti, rappresenta una grande opportunità di riqualificazione sostenibile di pezzi di città e risoluzione di problemi sociali.
Perché ciò avvenga occorre non solo avere risorse ma che vi sia anche la capacità di “metterle a terra” in tempi brevi. Un senzatetto non può aspettare una casa per anni sotto un ponte o in un dormitorio.
Si registrano nel passato ritardi cronici per la conclusione dei programmi di quartiere, di riqualificazione urbana per alloggi a canone sostenibile, di innovazione urbana, etc.
Ma anche di recente sono state sprecate occasioni quali il c.d. Superbonus 110 per la riqualificazione di edifici degli ex IACP comunque denominati e si registrano ritardi per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR sui piani di intervento per la qualità dell’abitare e per la realizzazione di alloggi per studenti.
Tali carenze e ritardi sono da imputarsi nella normativa dell’edilizia residenziale pubblica che ha trasferito le competenze alle Regioni sulla base di regolamentazione statale (c.d. materia residuale). Regioni che hanno continuato a tenere separati gli interventi (alloggi popolari, per studenti universitari, per anziani autosufficienti, etc.) con diversa proprietà 7 ma stesse strutture per la gestione per l’edilizia residenziale pubblica, riformate solo in alcune Regioni8.
Tale assetto coinvolge anche la gestione dei fondi comunitari che per le politiche abitative sono a gestione diretta del governo centrale e trasferiti alle Regioni tramite programmazione oggetto di intesa Stato Regioni.
Appare quindi in questo contesto, caratterizzato anche dalla novità della nascita di una nuova Commissione casa del Parlamento europeo, e a guida di una eurodeputata italiana del gruppo socialista, del tutto legittima la richiesta dei Comuni di essere i soggetti destinatari dei fondi per l’emergenza abitativa ed attuatori degli interventi previsti. Ciò attraverso la partecipazione al CIPU delle Città Metropolitane e dei Comuni ad alta tensione abitativa, che il governo Meloni nega, ma anche attraverso una riforma dell’edilizia sociale che ripensi al suo assetto istituzionale di funzionamento e delle sue modalità di gestione.
In conclusione, un solo appunto sul Piano Casa Salvini. Nella sua bozza resa nota enuncia ovvi principi, individua strumenti di intervento già utilizzati ma le risorse destinate ad oggi, con la legge di bilancio 2025, sono del tutto insufficienti per affrontare seriamente l’emergenza abitativa solo per gli sfratti per morosità incolpevole: 560 milioni di euro della per gli esercizi finanziari 2028-2030.
Ad oggi gli unici strumenti per rispondere all’emergenza abitativa con una riqualificazione sostenibile delle Città, oltre ai fondi PNRR per l’efficientamento degli alloggi ERP (Superbonus 110) è il Fondo Nazionale dell’Abitare (FNA), nell’ambito del progetto InvestEU, fondo per il social housing in Europa sostenuto da garanzia comunitaria con una dotazione di 100 milioni di euro messi a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti e garantita al 50% dall’Unione Europea. L’obiettivo è rafforzare l’offerta in Italia di soluzioni abitative sostenibili attraendo investitori europei pubblici e privati di edilizia sociale, anche per Studenti Universitari e Senior. Il limite dei fondi, come per il Fondo Immobiliare per l’Abitare (FIA) sta nei costi di gestione del fondo e dalle aspettative di remunerazione del capitale investito nel fondo dai privati. Ma su questo i Comuni possono fare molto per promuovere progetti sostenibili anche dal punto di vista economico.
Dott. Giorgio Federici, Project Manager e Europrogettazione
Note:
1 si definisce alloggio sociale l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. L’alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale costituito dall’insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie. Rientrano nella definizione di alloggio sociale gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi agevolazioni pubbliche – quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico – destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà.
2 https://www.housingeurope.eu/20-actions-for-a-new-housing-paradigm/
3 https://www.arci.it/citta-unite-per-diritto-alla-casa/
5 La Gescal (acronimo di Gestione case per i lavoratori) era un fondo destinato alla costruzione e all’assegnazione di case ai lavoratori (di fatto furono assegnate case anche a tutti ii cittadini), nato dalla trasformazione del piano INA-Casa. Il principio di funzionamento di Gescal era quello di costruire case per i lavoratori con contributi provenienti dai lavoratori stessi, dalle imprese ed in parte da finanziamenti governativi. Era un fondo destinato alla costruzione ed alla assegnazione di case ai lavoratori e loro famiglie. Veniva costituito con trattenuta di contributi aziendali e dei lavoratori e furono soppressi, per la quota a carico dei lavoratori (0,35 per cento) dal primo gennaio 1996 e per la quota versata dalle aziende (ridotta allo 0,35 per cento) dal 31 dicembre 1998.
6 Il Senior Housing è una formula abitativa destinata ai Senior autosufficienti, che promuove l’invecchiamento attivo
7 Comuni per l’edilizia residenziale pubblica; Università o Aziende per il Diritto allo Studio Universitario per le residenze universitarie; Aziende Sanitarie Locali per invecchiamento attivo Senior
8 IACP, ATER ad eccezione della Toscana, dell’Emilia Romagna e del Trentino con Aziende Pubbliche partecipate dai Comuni