In questo editoriale, il primo da ex Presidente, desidero ripercorrere il lavoro e le sfide affrontate da Ali in questi anni appassionati. Era il 2018, sei anni fa, quando tante persone – a iniziare da Claudio Mancini e Marco Filippeschi – mi chiesero di impegnarmi per provare a salvare e rilanciare Ali. Non si poteva chiudere un’associazione che ha cent’anni di storia, che ha fondato Giacomo Matteotti. Quella condizione, ovviamente, era legata a una trasformazione che ci si attendeva, ossia fondere tutte le associazioni che riguardavano gli enti locali – come Ali, Upi, Uncem – dentro l’Anci, un’operazione che, invece, si bloccò in maniera drastica nel 2016.
Ho accettato, quindi, il ruolo di presiedere Ali, con orgoglio per la storia che la Lega delle Autonomie rappresentava, sapendo però che dovevamo cambiare. Dovevamo svolgere una funzione nuova che non era quella che l’associazione aveva svolto durante la prima Repubblica e nella prima fase della seconda Repubblica. Si doveva trovare un equilibrio, a partire innanzitutto dai rapporti con Anci, che è la casa di tutti i comuni e di tutti i sindaci. Con Antonio Decaro abbiamo trovato fin da subito il giusto equilibrio, consapevoli che il ruolo di Ali è fondamentale anche per svolgere al meglio il ruolo di Anci, in una dinamica interna molto complessa, in cui un nuovo soggetto rappresentativo degli enti locali potesse supportare quelle importanti battaglie politiche e amministrative che Anci non poteva portare avanti, lasciando allo stesso tempo che fossero Anci e Upi a rappresentare tutti i Comuni e le Province italiane nei rapporti e nelle trattative con il Governo. Per questo, ringrazio Antonio Decaro, Achille Variati e Michele De Pascale: in questi anni abbiamo svolto insieme un ruolo di grande equilibrio, utile al comparto degli enti locali.
Sono stati sei anni intensi ma anche molto faticosi. Grazie all’opera straordinaria di Valerio Lucciarini De Vincenzi e di tutta la struttura di Ali, siamo riusciti a riorganizzare e di conseguenza anche risanare i libri interni, a iniziare dal bilancio. Abbiamo rimesso in piedi un’associazione che oggi è smart ma solida, siamo riusciti a darle quella visibilità necessaria ad aumentare anche il potere contrattuale delle Ali regionali e, in generale, delle politiche che portiamo avanti.
Sono stati, inoltre, anni entusiasmanti, anni di grandi battaglie. Ne ricordo alcune. Contro l’odio, sempre, e per un europeismo che attraversi le autonomie locali. Durante il Covid, siamo sempre stati in prima linea, a servizio di tanti amministratori locali.
Sono stati anni nei quali ci siamo battuti per un nuovo garantismo. Sul piano giudiziario, ci siamo anche scontrati con i nostri partiti quando abbiamo preso posizione sull’abuso d’ufficio, ma noi abbiamo risposto con coerenza, in nome della visione che gli amministratori hanno della giustizia nel nostro Paese: si è colpevoli dopo il terzo grado di giudizio. La Legge Severino spesso ha costretto tanti amministratori ad abbandonare dopo il primo grado il ruolo di sindaco, lasciando i comuni che amministravano, venendo poi magari assolti in appello. E, in generale, ritengo che un atteggiamento eccessivamente giustizialista abbia messo spesso alla gogna tanti amministratori locali che hanno ricevuto avvisi di garanzia esclusivamente per il ruolo che ricoprivano, ovvero il ruolo di chi rappresenta giuridicamente l’ente locale, e di chi quotidianamente rischia, mettendoci la faccia, firmando ordinanze e, ovviamente, votando delibere. Siamo stati accanto agli amministratori che sono entrati in questo tritacarne mediatico: penso alla sindaca di Crema, al sindaco di Lodi, al sindaco di Reggio Calabria, a tutti coloro che hanno vissuto vicende assurde che si sono risolte poi con un nulla di fatto.
Inoltre, in un clima anche di forte antipolitica, siamo stati i primi a spingere per un riequilibrio nel rapporto responsabilità-stipendi. Ricordo che la prima proposta di legge per aumentare lo stipendio ai sindaci dei piccolissimi comuni e per riconoscere un’indennità ai presidenti di provincia eletti in secondo grado aveva come prima firma quella di Claudio Mancini. Siamo stati coloro che per primi hanno posto con serietà questo tema, poi – con l’aiuto di tutti, e anche con una proposta sorprendente dell’allora Governo Draghi – oggi gli amministratori locali sono degnamente pagati. Per quanto non potrà mai dirsi equilibrata l’indennità rispetto alle responsabilità, gli amministratori locali hanno visto il riconoscimento nazionale del loro ruolo anche attraverso le indennità. È ovvio che c’è molto da fare in termini di difesa dello status di sindaco e di amministratore locale, però possiamo dire con orgoglio di aver invertito una tendenza.
In questi anni ci siamo caratterizzati anche sul tema del nuovo modello di sviluppo, che punti sulla sostenibilità ambientale e sulla lotta alla crisi climatica. L’intuizione dei Comuni Sostenibili dimostra come in Italia ci siano sempre più amministratori che vogliono non solo essere protagonisti della transizione ecologica, ma anche essere innovatori. Nella misurazione di un nuovo modello di sviluppo attraverso gli indicatori dei Comuni Sostenibili si fa anche tanta innovazione.
E poi c’è stata anche tanta comunicazione, perché, come ho ripetuto spesso, negli incarichi di governo così come in Comune, chi non comunica non esiste. L’aspetto comunicativo non è un aspetto secondario per la nostra associazione. Per questo sono stati importanti il Festival delle Città e tanti altri eventi, perché non solo hanno messo al centro i temi cari agli enti locali, ma hanno consentito diverse volte l’anno di far emergere dal punto di vista comunicativo la nostra associazione come una delle più presenti e più dinamiche nel dibattito nazionale.
Portando avanti questo lavoro e impegno quotidiano – innovando, cambiando, cercando strade nuove – si onora davvero la nostra storia. Abbiamo pubblicato un libro – presentato il 12 settembre scorso alla Camera dei Deputati – che racconta la storia, l’evoluzione della nostra associazione a coloro che vogliono approfondire la conoscenza della storia del riformismo e delle autonomie locali. Una storia che parte da Giacomo Matteotti deve avere in testa quotidianamente la capacità di rinnovare, rendere contemporanea l’organizzazione che abbiamo ereditato. Questo è lo spirito che ci ha contraddistinto.
Sono molto felice di questa nuova fase che si apre per Ali. Dopo sei anni di combattimento, di ricostruzione, di rinnovamento, adesso abbiamo la possibilità di consolidare, di allargare ulteriormente la nostra forza e la nostra organizzazione. Abbiamo dei margini di crescita straordinari in termini di adesioni di comuni e di province. E si può fare ancora tanto per l’Italia, un territorio enorme, per far crescere i nostri associati. E noi, grazie allo statuto che abbiamo, possiamo fare aderire ad Ali anche tante altre figure che sono state amministratori locali e che oggi ricoprono ruoli istituzionali importanti; possiamo far aderire i consiglieri regionali oltre che le singole Regioni, possiamo far aderire i parlamentari italiani e possiamo far aderire i parlamentari europei. Personalmente, in questo mio nuovo ruolo da parlamentare europeo, sarò il primo – dopo Achille Variati – ad aderire ad Ali e chiederò a tanti miei colleghi di fare lo stesso.
Sono stato formato da tanti dirigenti che mi hanno tramandato concetti importanti e fatto introiettare valori e convinzioni fondamentali per la mia crescita personale e politica. Una di queste è che un buon dirigente non lo si vede tanto da come entra in un ente o in un’organizzazione, in un ambito politico, ma lo si vede soprattutto da come esce, se ha lasciato ciò che ha trovato, o condizioni migliori, e se ha costruito – insieme al lavoro della struttura – le condizioni per un consolidamento e un rafforzamento negli anni a venire.
Il fatto che Roberto Gualtieri abbia generosamente dato la sua disponibilità a guidare Ali per noi è una grandissima opportunità. È una grandissima opportunità nel rafforzamento della nostra autorità e autorevolezza, una grandissima opportunità nella possibilità di crescita che avremo nei prossimi anni. Quindi voglio ringraziare Roberto, perché nonostante i suoi numerosi impegni ha deciso di dare la disponibilità a far crescere ancora meglio e ancora con più forza la nostra gloriosa storia. Grazie davvero Roberto.
Davanti a noi abbiamo appuntamenti delicati, a iniziare dalla Legge di Bilancio. Da mesi il Mef è disperatamente alla ricerca di soldi. Hanno ipotizzato prima la privatizzazione delle Poste, poi hanno ipotizzato il ‘Redditometro’, infine hanno fatto la cosa più semplice per ogni governo che deve trovare i soldi: tagliare ancora una volta i fondi agli enti locali, 250 milioni dalle casse dei Comuni. È tornata dunque, dopo tanti anni, la stagione dei tagli agli enti locali, che speravamo di aver superato. Dobbiamo alzare da subito il tiro su questo tema. Non credano ancora una volta di fare cassa con i Comuni, perché questi ultimi hanno già dato. Abbiamo già dato tutti noi. Non mettano in ulteriore difficoltà gli enti locali, costretti poi o ad aumentare le tasse locali o a tagliare i servizi sociali, i servizi educativi e le manutenzioni delle nostre città. Altra cosa assurda, il governo ha tagliato di più laddove i Comuni hanno più soldi da spendere con il Pnrr, cioè – laddove c’è più bisogno di dipendenti per mettere a terra il Pnrr – hanno tagliato nella parte corrente del bilancio.
Dobbiamo fare una grossa battaglia affinché non ci siano altri tagli agli enti locali e in generale nella prossima Legge di Bilancio ci siano le risorse sufficienti per reggere la tenuta sociale del Paese, a iniziare dalla sanità, in crisi in tutta Italia, passando per i servizi sociali, i servizi educativi, i nidi, il personale in forza negli enti locali, le ulteriori e necessarie semplificazioni nella messa a terra del PNRR e degli investimenti pubblici che abbiamo a disposizione.
Tra le battaglie fondamentali attuali, ricordo quella contro l’Autonomia differenza. Ali è stata tra le primissime associazioni a battersi contro questo progetto. Siamo stati anche animatori di tante assemblee e incontri in giro per l’Italia. Ma dobbiamo fare di più, soprattutto nel Centro-Nord del Paese. Penso che – così come ci siamo battuti come Ali in tutte le aree del Mezzogiorno, organizzando e collaborando a tante manifestazioni – noi dobbiamo essere protagonisti dell’organizzazione da subito di grandi manifestazioni nell’Italia Centrale e nel Nord del Paese, per dimostrare che la questione non è soltanto una questione meridionale, ma ha a che fare con l’unità del Paese, col fatto che noi vogliamo un’Italia unita. Non vogliamo un mega centralismo regionale, perché noi sappiamo che il centralismo regionale è peggio del centralismo nazionale. E il centralismo regionale, anche prima di questo periodo storico, anche prima dell’autonomia differenziata, ha utilizzato l’indebolimento delle province per accentrare funzioni, a discapito delle vere autonomie locali che sono i Comuni italiani.
Dobbiamo batterci per l’unità del Paese, per ricucire l’Italia. È scomparso nel nostro Paese il dibattito sulle aree interne, è scomparso il dibattito sui piccoli comuni. Le aree fragili del Paese non sono solo nel Mezzogiorno. Sono in tutte le aree montane del nostro paese, anche nelle zone del Centro, anche delle zone del Nord. E vanno rivisti anche alcuni criteri con i quali vengono destinate le risorse, i fondi europei ma non solo, perché il tasso di fragilità territoriale non corrisponde a uno schema Nord-Sud.
Va ripreso il lavoro sulla riforma del TUEL, poi rimasto nel cassetto del Ministero dell’Interno, perché c’è una grande confusione istituzionale, a partire dalle province che così come sono organizzate non reggono, e questo è un problema per tutti i territori che ricadono in quelle province, per i comuni stessi: dobbiamo ritornare ad essere riformisti anche nell’organizzazione dei Comuni. Non possiamo pensare che 8000 comuni italiani possano rimanere così come sono. Non reggono. È sparita tutta la politica di aggregazione per i comuni. Avevamo parlato di bacini omogenei come criterio più giusto per l’Unione dei Comuni, per spingere e in qualche modo avvantaggiare i comuni che decidono di fare le fusioni, invece anche quella politica è terminata, oggi non se ne parla più. Per questo credo che dobbiamo spingere il governo e il Parlamento ad affrontare con più forza il riordino degli enti locali. Perché in questa confusione istituzionale – nella quale l’autonomia differenziata e il premierato, ma non solo, minano l’assetto istituzionale in maniera pericolosa – si rischia di non far parlare dei problemi più urgenti che dovremmo affrontare, come quello delle province, del riordino degli enti locali stessi.
Infine, una riflessione sul mio ruolo, che oggi è in Europa. Mi rendo sempre più conto – e con me molti ex sindaci eletti al Parlamento europeo – di come i destini dei Comuni italiani passino dall’Europa. Il cuore della discussione che avremo con Ursula von der Leyen durante le prossime settimane sarà relativo al se continuerà o meno la politica di investimenti pubblici inaugurata negli anni del Covid, anche grazie a Roberto Gualtieri, ovvero la politica del Next Generation EU. È chiaro che senza politiche di investimenti pubblici si torna alla recessione e alla disoccupazione in Europa: non a caso, Mario Draghi nel suo rapporto ha proposto un piano di 800 miliardi l’anno. Questo sarà uno dei temi che dovremmo chiarire a breve: Ursula von der Leyen ha parlato genericamente, quando è stata eletta, di un nuovo Fondo di Competitività. Ma questo Fondo non sappiamo ancora quanto sarà ampio e come sarà finanziato, se attraverso il nuovo debito europeo comune o attraverso una fiscalità europea. Tutto questo impatterà molto sui Comuni italiani.
C’è poi il tema di come accelerare la transizione ecologica, perché non possiamo rallentarla ma al contrario dobbiamo accelerarla. I fenomeni climatici sono sempre più gravi, sempre più intensi e sono i sindaci, nei territori, a gestirli con responsabilità sproporzionate. Anche qui è evidente come le politiche europee siano intrecciate al futuro dei Comuni. Se noi, ad esempio, dopo il Pnrr avremo ulteriori fondi di investimenti pubblici per trasformare le nostre città, per la rigenerazione urbana, per una nuova edilizia sostenibile, per contrastare la povertà e le disuguaglianze, vedremo i comuni nelle condizioni di vivere la contemporaneità e di continuare a essere protagonisti.
C’è un filo rosso che lega anche il più piccolo Comune all’Europa. Chi ha avuto a che fare quotidianamente con i problemi dei cittadini, sempre in prima linea, come i sindaci, capisce molto bene la politica internazionale, perché capendo i problemi quotidiani delle comunità è capace di inserire quei problemi dentro una visione globale del mondo e del nostro continente.
In questa direzione, dunque, continueremo il nostro lavoro. Con Ali abbiamo fatto crescere una grande comunità, di gente perbene, appassionata, con dei valori profondi, gente che mette sempre prima di tutto gli interessi del proprio comune e della propria terra. Grazie per il percorso che abbiamo fatto insieme. Buon lavoro a tutti voi e buon lavoro a Roberto Gualtieri.
Di Matteo Ricci, Direttore Governare il Territorio, Eurodeputato