L’Italia fra vecchie e nuove povertà: il compito degli enti locali

Il contrasto alla povertà non riguarda uno solo degli obiettivi dell’Agenda – il primo – ma è trasversale a molti obiettivi: quelli di contrasto alle disuguaglianze. Pensiamo alle povertà estreme provocate dalla crisi climatica tanto da incidere ormai fortemente sulle migrazioni e alla pressione migratoria.

Perseguire gli obiettivi dell’Agenda, declinarli nei territori, vuol dire far propri principii e valori che sono gli stessi della nostra Costituzione e educare i cittadini alla consapevolezza dei propri diritti e ad agire per il riscatto quando necessario.

La lotta contro la povertà si fa con misure specifiche, spesso intersettoriali, delle istituzioni pubbliche, anche in cooperazione con terzo settore e altri attori, con la Chiesa tramite le Caritas, ma soprattutto cambiando il modello di sviluppo, consapevoli delle enormi ingiustizie distributive, dello sfruttamento del lavoro e dell’ambiente, orientando le politiche al bene comune e alla sostenibilità. Per prevenire la povertà, i bisogni d’assistenza e i costi connessi, con scelte pre-distributive: a partire da quelle per l’equità fiscale, in un paese che ha 100 miliardi annui di evasione con un magazzino storico del non-riscosso di 1.153 miliardi (di cui un decimo ormai esigibili).

La povertà, nelle sue diverse accezioni e manifestazioni, è un fenomeno in crescita nelle nostre società e dunque nelle nostre comunità. C’è stato un salto di sensibilità: la costituzione dell’Alleanza contro la povertà, dieci anni fa, è stata un segno importante e ALI (Legautonomie) è stata non a caso una delle associazioni fondatrici. Si sono messi in rete gli attori sociali già impegnati e le istituzioni territoriali. Si è riconosciuta, nella sua dimensione, una questione nazionale già diventata un’emergenza (mente quasi tutti paesi europei invece hanno misure di contrasto…). Al contempo, si è detto chiaro che non si accetta come “normale” la povertà. La conquista del «Reddito di Cittadinanza» (2019, un ammortizzatore sociale universalistico), un vero salto di qualità dopo la proposta del Reis (2014),è stata dovuta anche alla pressione dell’Alleanza.  Ma non c’è proporzione fra l’aggravarsi della crisi sociale che produce le povertà – l’inflazione non domata, i superprofitti … – e le misure adottate fino ad oggi, e l’impegno da profondere. Purtroppo dobbiamo contrastare vere e proprie regressioni, come quelle che abbiamo denunciato con il superamento del Reddito di Cittadinanza.  L’Alleanza ha fatto un position paper esaustivo, con analisi scientifiche, motivazioni forti e proposte concrete completamente disattese dal Governo.

Ricordo, fra le altre, proposta n. 7, che ci riguarda, Più risorse umane e finanziarie ai Comuni: “I Comuni, attraverso gli ambiti sociali, devono poter svolgere un vero e proprio ruolo di regia e a tal fine vanno rafforzati in termini di personale e risorse. Per questo è necessario prevedere sia un maggiore coordinamento tra servizi e tra amministrazioni attraverso dei protocolli operativi, sia un investimento straordinario di risorse finanziarie, strumentali e, soprattutto, umane, anche in deroga ai vincoli assunzionali.” È la nostra proposta, rivolta al governo, che vogliamo rilanciare. Anche le regioni – oggi gravate dalla crisi del Sistema sanitario nazionale – hanno compiti importanti e sono chiamate ad impegnarsi di più.

Nella bozza di Ordine del giorno inviata ai Comuni ALI ha denunciato atri tagli ai bilanci comunali e alla spesa sociale. Abbiamo chiesto, in modo esplicito, che si rifinanzi e si potenzi Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo per la morosità incolpevole e che, in attesa di un organico Piano nazionale per la casa che i Comuni rivendicano, sia assicurato il finanziamento di tutti i progetti PINQuA ammissibili, scalando la graduatoria.

L’ultimo Report dell’Istat per il 2022 al quale abbiamo dato evidenza nella nostra informazione. In condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni.

Complessivamente fino alla caduta del governo Draghi potevamo contare su una spesa triennale per i servizi e gli interventi sociali di oltre 2 miliardi. A questi cui si sommava un incremento ancora superiore dei trasferimenti monetari diretti, in riferimento principalmente, al Reddito di Cittadinanza e al nuovo assegno unico. Oltre ai fondi ormai tradizionali (FNPS, Fondo Nazionale Politiche Sociali, Fondo Povertà) si aggiungono poi quelli di derivazione europea. PON Inclusione e FEAD (con risorse a favore di obiettivi legati all’inclusione e quelle orientate al sostegno alimentare); REACT-EU, un fondo di oltre 280 milioni, che in parte andrà a finanziare il pronto intervento sociale e, ancora, il sostegno alimentare; POC inclusione, che andrà in parte a sostenere anch’esso il pronto intervento sociale, unitamente a progetti a favore del protagonismo dei ragazzi/e adolescenti e il consolidamento dei rapporti scuola-territorio (estensione del progetto Get UP); PNRR da cui verranno veicolate risorse per la supervisione, per le dimissioni protette, per il programma P.I.P.P.I. e a sostegno dell’housing first. (M5C2: infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (1.450, 6 milioni di euro), nel nostro caso : sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti; percorsi di autonomia per persone con disabilità; housing temporaneo e Stazioni di posta per le persone senza dimora)

Il Fondo Nazionale Politiche Sociali per il 2023 ha risposto, regione per regione, agli interventi per Famiglia e Minori: anziani autosufficienti; disabili; povertà; disagio adulti; dipendenze; salute mentale. E altro.

Il Fondo povertà, viene utilizzato per il finanziamento degli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà: rafforzamento dei servizi di accompagnamento dei nuclei familiari beneficiari del Reddito di cittadinanza nel percorso verso l’autonomia, definiti attraverso la sottoscrizione di Patti per l’inclusione sociale, che acquisiscono la natura di livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili; nell’ambito dei Patti per il lavoro e/o per l’inclusione sociale, i beneficiari Rdc sono tenuti a svolgere Progetti Utili alla collettività (PUC) nel comune di residenza; i Comuni sono responsabili dei PUC e li possono attuare in collaborazione con altri soggetti

Dunque i fondi per le politiche sociali e contro la povertà sono indirizzati alle Regioni e, spesso tramite programmazione delle stesse Regioni, a Ambiti territoriali sociali (ATS) o Comuni.

La povertà assoluta si è fatta strutturale dopo la crisi economica del 2008 e l’emergenza Covid ha aggravato le tendenze negative. Questi gli obiettivi degli interventi: ampliare (qualità e quantità) i programmi di protezione sociale nei confronti del target dei bambini e delle bambine; misurare e monitorare la povertà minorile in tutte le sue dimensioni; includere la povertà minorile tra gli indicatori chiave per misurare il raggiungimento degli SDGs; garantire adeguati investimenti nella spesa sociale (in particolare nei settori della protezione dell’infanzia, dell’istruzione, della salute, della protezione sociale, del l’uguaglianza di genere, dell’alimentazione, dello sviluppo della prima infanzia e dello  sviluppo degli adolescenti).

Riguardo al contrasto alla povertà relativa fondamentale è il sostegno al reddito e reinserimento al lavoro (gli altri paesi europei e il Parlamento europeo). Il Reddito di cittadinanza (RdC) è stato una misura irrinunciabile di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, andava migliorata e rafforzata, non drasticamente indebolita.

La titolarità del Piano nazionale è del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Quattro priorità: sostegno all’inclusione sociale e lotta alla povertà, con il rafforzamento del sistema di accoglienza per le persone e i nuclei in condizioni di elevata marginalità sociale, di presa in carico e accompagnamento nell’ambito degli interventi di Housing ad ampio spettro e Centri servizi per le persone senza dimora; l’accesso ai servizi dei giovani di minore età, in particolare poveri e indigenti; contrasto alla deprivazione materiale, per interventi di contrasto alla povertà alimentare, attraverso la distribuzione di aiuti alimentari; la riduzione delle condizioni di deprivazione materiale, anche attraverso la distribuzione di beni di prima necessità e di altri beni materiali; interventi infrastrutturali per l’inclusione socio-economica, interventi a favore dell’autonomia delle persone non autosufficienti, con particolare riferimento alle persone anziane; percorsi di adattamento degli spazi per favorire l’autonomia per persone con disabilità; interventi di riqualificazione di immobili da adibire ad assistenza alloggiativa (housing first); costituzione e potenziamento di centri di servizio per il contrasto alla povertà a livello territoriale (stazioni di posta); interventi per la ristrutturazione, l’ammodernamento e la riconversione di alloggi.

Le forme di povertà sono molte e diverse, vecchie e nuove, anche silenziose, poco visibili, tenute nascoste. Di solito si sommano mettendo la vita di persone e famiglie in discesa su un piano inclinato:

  • povertà per reddito;
  • Povertà educativa/relazionale;
  • Povertà minorile;
  • Povertà alimentare;
  • Povertà abitativa;
  • Povertà sanitaria;
  • Povertà energetica;
  • Povertà digitale.

Difficile dare confini ai concetti e dunque agli interventi, ma sono certe alcune impostazioni e priorità di metodo per comuni e Ambiti territoriali sociali. La programmazione e la realizzazione integrata di interventi e servizi di contrasto alla grave emarginazione devono mirare al superamento degli approcci di tipo emergenziale, episodici, a favore di percorsi di inclusione sociale. Si deve assicurare una presa in carico che, partendo dal riconoscimento dello stato di bisogno della persona, miri all’accesso a diritti esigibili e prestazioni universali e contestualmente al potenziamento delle capacità della persona e all’accompagnamento verso l’autonomia.

Un’area d’intervento molto importante è quella delle politiche per l’integrazione degli immigrati.

Soprattutto le città sono state lasciate da sole ad affrontare accoglienza e integrazione: una sconfitta – anche politica delle autonomie locali – pagata a caro prezzo. Queste sono alcune politiche da realizzare che Ali e la Rete dei Comuni Sostenibili propongono: lavorare nelle scuole, aprendole, anche oltre l’orario didattico: punto d’incontro tra ragazzi e ragazze e famiglie; creare contatti con le comunità e fra le comunità, evitando le chiusure, insistendo su insegnamento della lingua e individuazione dei bisogni primari (salute) e dei percorsi d’accesso ai servizi; sviluppare le reti di comunità anche attraverso il web: creare strumenti per la comunicazione di iniziative di cittadinanza sociale che facilitino l’incontro delle disponibilità; supportare le persone nell’accesso ai servizi, in particolare migranti presenti sul territorio e senza dimora, portatrici di disagio mentale e di problemi legati alle dipendenze.

Chiaro come queste politiche richiedano investimenti strutturali e in competenze.

Ci sono alcuni principii-guida e parole-chiave per i progetti, per un Welfare Generativo dei Comuni:

  • prossimità;
  • aiuto;
  • responsabilizzazione;
  • inclusione;
  • valorizzazione del patrimonio;
  • presidio del territorio.

La costruzione di modelli di welfare integrato passa anche – a proposito di competenze – da figure professionali ed équipe multidisciplinari che consentano un approccio multidimensionale, e interagendo con tutte le risorse presenti nella comunità formali e informali. Servono maggiori sforzo e coordinamento per raccogliere e classificare le buone pratiche, gli interventi specifici. È compito, questo servizio, delle associazioni rappresentative.

Non si possono definire facilmente politiche e standard, perché i contesti regionali e territoriali sono altamente differenziati e sociale, sanitario, educativo s’incrociano (es.: città/aree interne; piccole-medie città/grandi città; centri urbani/periferie). Proviamo ad elencarne una serie indicativa, tratta dalle esperienze (poi anche le esperienze che saranno presentate oggi dai Comuni daranno ispirazioni):

  • le politiche legate a misure universalistiche (RdC Reddito di cittadinanza > AdI Assegno d’inclusione), come quelle sperimentate nel contrasto all’emergenza-Covid (hanno fatto scoprire aree di bisogno);
  • la creazione di fondi comunali di sostegno mirato (per es.: agli affitti), ma la legge di bilancio riprende a tagliare;
  • l’attenzione specifica per gli effetti dell’incidenza delle tariffe dei servizi di pubblica utilità, a partire da quelli per la distribuzione dell’energia;
  • il sostegno finanziario con il microcredito;
  • l’obiettivo del completamento dell’obbligo scolastico;
  • l’aggancio relazionale con soggetti e famiglie in povertà o a rischio;
  • l’intervento per le persone senza fissa dimora: dormitori, comunità, mense, centri di distribuzione;
  • l’intervento per persone reduci dalla reclusione in carcere;
  • la presa in carico socio-sanitaria e l’accoglienza diurna e notturna soprattutto in aree di degrado o a forte incidenza delle tossicodipendenze (rete dei servizi di strada);
  • la partecipazione di persone prese in carico a progetti d’integrazione sociale in attività di quartiere (cura del verde urbano e scolastico, tenuta dei parchi, – apertura/chiusura cancelli; sfalcio erba; pulizia cestini; verifica corretta accensione/spegnimento impianti di illuminazione e di annaffiatura; segnalazione criticità – aiuto nell’organizzazione, di mercati del riuso…);
  • l’istituzione di empori per la distribuzione o la vendita a basso prezzo di generi alimentari e di vestiario (anche in connessione con i progetti contro lo spreco alimentare);
  • l’incremento massiccio della dotazione di alloggi dell’edilizia residenziale pubblica;
  • l’housing sociale integrato con l’attenzione sociale a persone  e famiglie (l’esperienza dei portierati);
  • la territorializzazione dei servizi sanitari e il potenziamento della medicina di base, di prossimità. L’investimento sull’identità dei quartieri – perché non siano o non diventino periferie – o delle frazioni, con il sostegno ai luoghi dell’aggregazione e dell’incontro (circoli ricreativi, centri-anziani, parrocchie, impianti sportivi, ecc.);
  • creare centri di facilitazione digitale diffusi.

Proponiamo di orientare e di misurare l’azione dei Comuni a partire da questi obiettivi. Perciò può essere necessario

  • istituire, con le flessibilità necessarie, “Alleanze contro la povertà” comunali, che abbiano a riferimento le proposte e articolino le iniziative dell’Alleanza contro la povertà nazionale;
  • sottoscrivere “Patti comunali o di zona contro la povertà” che prevedano impegni degli attori istituzionali e sociali, a partire da quelli dei Comuni e l’istituzione di Osservatori sulle povertà;
  • declinare a livello locale le intese fra le Anci regionali e la Caritas per il contrasto delle povertà e gli interventi di sostegno alle fragilità maggiori, cooperare al livello dei territori comunali e zonali per la promozione di tavoli e coordinamenti territoriali che coinvolgano in processi partecipativi permanenti le reti territoriali pubbliche e del privato sociale;
  • approfondire i rapporti con le Fondazioni di origine bancaria, per rendere organico e incrementale il sostegno al welfare locale che già viene prestato con esperienze di grande rilevanza (a partire da quelle lombarde della Fondazione Cariplo);
  • l’Alleanza contro la povertà può dare indicazioni, fare dei focus sui Comuni;
  • ALI e la RCS potranno creare collaborazioni specifiche, magari anche ampliando quelle già in atto, come per l’intesa con la Scuola Superiore Sant’Anna.

L’impegno di ALI e della Rete dei Comuni Sostenibili, nell’Alleanza e nel rapporto con le autonomie locali che rappresentiamo, sarà volto a raggiungere gli obiettivi e fare rumore, quando serve, per imporre le scelte di giustizia sociale necessarie.

* di Marco Filippeschi – Direttore scientifico e coordinatore del Comitato Scientifico della Rete dei Comuni Sostenibili. Direttore dell’Ufficio Studi di ALI