Pnrr e investimenti pubblici. Le imprese che mancano, il bonus 110%, l’inflazione e la lentezza

«Per mettere a terra i progetti del Pnrr serve un fondo strutturale molto più grande rispetto all’ultimo Decreto Aiuti e occorre abbassare il Bonus 110». A dirlo il Presidente nazionale di Ali Matteo Ricci, che ha aperto il convegno “Allarme Pnrr e investimenti pubblici” organizzato da Ali a Roma, e che ha visto la partecipazione di Mariastella Gelmini, Ministro per gli Affari regionali, Antonio Misiani, Commissione Bilancio del Senato, Gabriele Buia, presidente Ance, Claudio Mancini, commissione Bilancio della Camera, Andrea Cuccello, segretario confederale Cisl, Enzo Ponzio, presidente nazionale Cna costruzioni, Tommaso Dal Bosco, direttore Federbim, e del Sindaco di Bologna Matteo Lepore, intervenuto in collegamento.

Ricci ha spiegato il punto di vista dei Sindaci, preoccupati per l’nflazione e il caro prezzi che rischiano di non far partire i cantieri per la realizzazione del Pnrr, «ci sono stati passi avanti nel dialogo con il governo – ha detto Ricci –, ma oggi evidenziamo un problema enorme, quello degli investimenti. I comuni che hanno preso delle risorse hanno cominciato a fare le prime gare e le gare stanno andando deserte perché non ci sono le imprese che eseguono i lavori pubblici». Il motivo secondo il Presidente di Ali «è l’aumento del costo delle materie prime, che fa scappare le imprese perché non vedono margini ma rischi. Serve un fondo strutturale molto più grande di quello del Dl Aiuti per finire i lavori pubblici». Il Bonus 110 poi rafforza l’inflazione e diventa l’incentivo per spostare le imprese verso l’ecobonus e non sugli investimenti pubblici: «se oggi il 110 diventasse 90 o 80 avrebbe lo stesso effetto sull’impresa privata e avremmo imprese per gli investimenti pubblici».

L’allarme sulle opere del Pnrr e gli investimenti pubblici è stato rilanciato subito da Gabriele Buia, presidente ANCE, che nel suo intervento ha spiegato che «l’80% dei comuni mappati non è in grado di mettere in atto i finanziamenti messi in campo dallo Stato perché sono allo stadio iniziale della progettazione». Ora il problema «è l’inflazione. I fondi vanno spostati dalle opere in progettazione a quelle che si trovano a uno stadio più avanzato. E’ utopico portare a termine tutti i lavori entro il 2026», ha detto Buia.

«Con il Dl Aiuti abbiamo stanziato le risorse necessarie per adeguare i prezzi degli appalti, e per aiutare le imprese impegnate nella realizzazione delle opere a fronteggiare il balzo dei costi di materie prime ed energia», ha detto Mariastella Gelmini, Ministro degli Affari regionali nel suo intervento. «Abbiamo disposto l’aumento dei prezziari per le lavorazioni effettuate tra il 1mo gennaio 2022 e il 31 dicembre 2023. Le stazioni appaltanti possono incrementare i prezziari esistenti nel limite del 20%. Questo 20% è a carico dello Stato per il 90% e dell’operatore privato per il 10 per cento. Quello guidato da Mario Draghi è il Governo della crescita, del lavoro e delle imprese», ha sottolineato Gelmini. «Siamo intervenuti per sostenere enti locali e Regioni – ha proseguito il Ministro –. Per quanto riguarda le Regioni abbiamo incrementato il livello del finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale di 200 milioni di euro e per garantire la continuità dei servizi erogati i contributi in favore degli enti locali già stanziati con il decreto 17 di quest’anno sono stati integrati con ulteriori 200 milioni di euro».

“Altri 240 milioni – ha aggiunto Gelmini – sono invece stati destinati per il triennio alle province e alle città metropolitane per compensare il minor gettito dell’imposta provinciale di trascrizione. A protezione degli investimenti del Pnrr nelle più grandi città, quelle con popolazione superiore ai 600mila abitanti, quindi parliamo di Roma, Milano, Napoli, Torino e Palermo, abbiamo istituito un fondo che, di qui al 2025, mette a disposizione di queste realtà altri 500 milioni di euro».

Sul Pnrr e la possibilità di “revisionarlo”, Mariastella Gelmini è stata netta: «Mi preoccupa assistere a incontri dove si dà quasi per scontata una riscrittura del Pnrr. Il governo sa delle criticità ma le ragioni che hanno condotto l’Europa a riconoscere al nostro Paese 200 miliardi di investimento sono più forti della crisi Ucraina e della nostra bassa crescita. Guai a dare la sensazione di affanno all’Europa, poche storie, tocca noi mettere a terra le risorse. Il Pnrr va attuato, ci possono essere correttivi ma il caro materiali non può diventare la scusa per riscrivere tutto o ci facciamo del male».

Immediata la risposta del presidente Ali Matteo Ricci: «La nostra proposta non è quella di chiedere di rivedere il Pnrr. Non si tratta di cambiare le 6 missioni ma di prendere atto che c’è un problema di sovraccosti legato all’inflazione e far passare un concetto: facciamo qualcosina in meno per poterla finire. Se vogliamo evitare lo scostamento di bilancio usiamo un pezzo del Pnrr a prestito per fare il Pnrr».

Il Pnrr è «un’opportunità e una responsabilità per l’Italia – ha detto Antonio Misiani, Commissione Bilancio del Senato – e a fronte di un netto rallentamento dell’economia il rilancio e l’accelerazione sul piano è la via maestra per far ripartire il Paese. Sugli enti locali – ha sottolineato Misiani – ricadono responsabilità importanti, quasi il 40% delle risorse sono di competenza dei Comuni, degli Enti di area vasta, delle Regioni. Il governo sta facendo molto per risolvere nodi aperti, dal caro materiali fino al rafforzamento della capacità amministrativa dei Comuni, ma c’è ancora molto da fare – ha concluso – perché i Comuni devono essere messi in grado di realizzare il Piano e fare la loro parte per fare ripartire il Paese».

«Il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza non va riscritto, perché comporterebbe un rallentamento delle procedure in corso», ha affermato Claudio Mancini, Commissione Bilancio della Camera dei deputati e Vice presidente Vicario di Ali. «Dobbiamo spingere al massimo la macchina amministrativa per fare le autorizzazioni, approvare i progetti e mettere in campo le decisioni e allo stesso tempo dobbiamo incentivare le imprese, che devono realizzare i lavori soprattutto nel comparto pubblico, ad assumere, a fare formazione, a investire sui macchinari. Bisogna realizzare tutto questo – ha sottolineato Mancini – agendo sul cuneo fiscale individuando i lavori prioritari su cui si possono dare incentivi per alzare il costo del lavoro investendo su formazione e sicurezza. In Parlamento c’è lo spazio per porre questa questione nelle prossime settimane. Una parte delle risorse del Pnrr deve essere investito per aumentare la sicurezza sul lavoro, la formazione e la retribuzione dei lavoratori del settore edile».

Al convegno di Ali è intervenuto anche il Presidente nazionale CNA Costruzioni Enzo Ponzio, che sul Pnrr ha voluto denunciare «una grande problematica: i progetti sono stati quantificati anni fa usando riferimenti paramentrici che oggi sono inadeguati». Ponzio ha poi evidenziato che «l’estensione dell’obbligo di qualificazione SOA agli interventi di riqualificazione edilizia che godono degli incentivi rappresenta un attacco al sistema delle micro e piccole imprese». Le imprese che partecipano al mercato della riqualificazione sono oltre 750 mila, ha ricordato l’associazione, quelle che detengono la qualificazione SOA sono meno di 20mila. «Siamo fortemente contrari all’orientamento del Parlamento che rappresenta una grave discriminazione nei confronti del sistema delle piccole imprese – ha detto Ponzio – una nuova e in comprensibile barriera burocratica che tra l’altro non è funzionale alla qualificazione delle imprese». Il Presidente di CNA Costruzioni ha quindi rimarcato che i continui cambiamenti delle regole penalizzano le imprese e provocano effetti negativi sul funzionamento del mercato. E’ il caso delle norme sulla cessione dei crediti «che hanno prodotto la paralisi del mercato con migliaia di imprese che hanno offerto lo sconto in fattura ai propri clienti e ora si trovano nella condizione di non poter cedere i crediti d’imposta con rischi per la propria stabilità finanziaria. Un settore trainante per la ripresa economica rischia di precipitare in una fase recessiva a causa di regole incomprensibili che si «All’interno dell’attuazione del Pnrr forse potremmo cambiare visione», ha detto Tommaso Dal Bosco, direttore FEDERBIM, nel suo intervento. «Se il problema è la capacità degli enti locali di gestire certi progetti, il Pnrr per loro è un disastro. Abbiamo costruito in vent’anni un’amministrazione che non doveva spendere per tenere i conti pubblici in sicurezza – ha concluso Dal Bosco – e ora speriamo che possa spendere».

*di Valentina Guiducci, ufficio stampa ALI