Pnrr, politiche di genere, rappresentanza. Italia, cosa sarà?

Al Festival delle Città un confronto sulle politiche di genere legate al PNRR

Riflettori puntati sulla disparità di genere, nell’incontro intitolato “PNRR, politiche genere, rappresentanza”, moderato da Ernesto Menicucci, giornalista de Il Messaggero. Ispirate e appassionate le relatrici: Micaela Vitri, Consigliere della Regione Marche e membro dell’esecutivo di ALI; Lorenza Bonaccorsi, presidente del I Municipio di Roma e responsabile del coordinamento amministratrici di ALI; Maria Pia Funaro, vicesindaco di Cosenza; Chiara Colosimo, deputata con Fratelli d’Italia e Sabina De Luca, del Forum disuguaglianze e diversità.

Lo spunto di un collegamento tra le possibilità offerte dal PNRR per contrastare le disparità di genere richiede lungimiranza e conoscenza del pubblico e del privato, come dimostra l’intervento di De Luca: «Nel nostro Paese esistono delle dinamiche sregolate sulla disparità di genere: è necessario lavorare su tutti i livelli, specialmente in merito alla necessità di sfruttare il PNRR, con un occhio di riguardo per la gestione delle imprese. Bisogna adottare misure che riescano a migliorare le dinamiche dell’integrazione delle donne ad alti livelli. Occorre sfruttare sia quelle misure dirette, che quelle indirette che il PNRR prevede, anche per ritoccare la fisionomia della pubblica amministrazione, riorganizzando la gestione a livello apicale della stessa, in favore di una maggiore rappresentanza femminile. In questo senso, sono fondamentali i meccanismi attuativi che vanno scelti in funzione del PNRR, prestando attenzione alle dinamiche di presentazione del bando».

Le fa eco Vitri, che mette a nudo il contesto delle Marche: «Parlo in nome del contesto in cui opero: c’è difficoltà in primis con i servizi di cura, nei quali le donne sono in trincea. Solo un bambino su quattro ha accesso agli asili nido. Ecco perché c’è tanta necessità di sfruttare a dovere le opportunità che il PNRR. Molte donne sono in condizioni così critiche da avere difficoltà nel gestire il proprio lavoro, perchè non riescono ad accedere ai servizi di cura, perché le Marche sono un fanalino di coda nella gestione di questi. Solo gestendo con coscienza i fondi del PNRR, possiamo ridurre considerevolmente queste criticità sulla disparità di genere».

Non è da meno Funaro, consapevole di quanto il nostro Paese sia spaccato a metà in termini operativi: «Si, esiste un “problema Sud”, ma è pur vero che si continua a far uso di molti stereotipi. Abbiamo ottenuto un Comune in dissesto finanziario, quindi non c’è solo un problema su come gestire i bandi che possono attingere al PNRR e indispensabili per difendere la “causa femminile”. Nel periodo post-pandemia sono nate nuove imprese femminili per un numero vicino al 23,2%, occupate a lavorare soprattutto nei contesti green e digital. Mediamente per chiudere un bando, soprattutto in fase di rendicontazione, al Sud si impiegano 350-400 giorni in più rispetto al Nord: ecco perché esistono difetti che sono soprattutto strutturali. Per questo il Governo dovrà pensare anche a migliorare la gestione delle risorse umane, oltre che quelle economiche».

Forte e diretto il parere di Colosimo, che mostra di avere le idee chiare sulla considerazione che si ha del ruolo femminile nella politica e nell’amministrazione: «Mi domando cosa è cambiato nel periodo di tempo intercorso tra la nomina di Nilde Iotti a questa di Giorgia Meloni. Spesso si fa eccessiva attenzione alla desinenza: in Italia esiste una questione di merito, prima che di metodo. A oggi il problema è ancora culturale, di approccio. Le donne devono poter avere la possibilità di un punto di partenza identico a quello degli uomini, perché non è concepibile che una donna debba impegnarsi il doppio, rispetto a quanto è necessario affinchè un uomo riesca nel proprio percorso».

E sulla questione PNRR, chiude Bonaccorsi: «A oggi, il piano del PNRR è difficile da gestire. Ci troviamo a rispondere a bandi che chi ne ha più bisogno finisce con l’essere meno bravo di chi ne ha bisogno in minor parte e questa è una criticità su cui lavorare con chiarezza d’intenti. È necessario instaurare un dialogo costruttivo con le varie forze politiche, affinchè i fondi del PNRR vengano calati sul territorio sia attraverso le misure dirette, che quelle indirette: un percorso fondamentale per riuscire a salvaguardare con efficacia le disparità di genere».

Non da meno, quello della rappresentanza è un problema molto sentito e discusso. Spiega De Luca: «La minore rappresentanza femminile nelle alte cariche o livelli aziendali è figlia di una cultura di un certo modo di pensare ancora difficile da allentare. In ogni ambito politico e aziendale, le donne sono sfavorite. E questo culmina nel grande problema di selezione da parte della classe dirigente».

Del medesimo parere Vitri, che ripone speranze nel lavoro innovativo di chi vuole guardare avanti: «Nel Consiglio Regionale del PD delle Marche ci sono 3 donne su 8. Rimaniamo in netta minoranza e si avverte una certa mancanza di presenza femminile in azioni di politiche di genere. Stiamo lavorando su una legge innovativa incentrata sulla sanità di genere. Spesso manca quella certa sensibilità. Spero di possa lavorare per migliorare la situazione».

Se Funaro punta il dito contro il centronistra: «Quello della disparità è un problema del centrosinistra. Forse le donne dovrebbero muoversi per una loro rivoluzione. In questi meccanismi messi in piedi dal centrosinistra si va troppo spesso in difetto di rappresentanza di genere. Forse abbiamo avuto poco coraggio e troppa fiducia in questi meccanismi sbagliati», Colosimo alza la voce sull’approccio delle proprie colleghe: «Io non sono apposto se il mio capo è una donna, ma se il mio percorso è stato rispettato. È necessario ritagliarci i nostri spazi. Avere il coraggio di confrontarsi con i nostri colleghi, non solo tra noi donne. È lungo e difficile, ma il percorso deve essere graduale e funzionale, come per Giorgia Meloni che ha rotto un grande tabù nel suo partito nel 2008».

E la chiusura di Bonaccorsi è tagliente come il filo di un rasoio: «Meloni e Raggi rappresentano due sconfitte per noi del PD, nonostante siano donne. Il tema femminile nel centrosinistra rappresenta una grande ipocrisia; la storia delle quote rosa nel PD è ipocrita, così come la conferenza delle democratiche. Dico sì alle quote rosa, ma senza ipocrisia».

*di Stefano Colagiovanni, Ali