Il ruolo dei comuni nel piano di vaccinazioni nel Lazio

In questi giorni nel Lazio ha preso il via la fase 3 del piano vaccinale anti-Covid19, che vedrà fino al mese di aprile le vaccinazioni degli anziani over 80 anni e, successivamente, per gli over 70 e i soggetti fragili. Parallelamente, è stata avviata la somministrazione del vaccino Astazeneca al personale medico di libera professione che non appartiene al servizio sanitario per proseguire con gli insegnanti, le forze dell’ordine, gli operatori delle carceri e il personale di altri servizi essenziali come ad esempio gli autisti del servizio pubblico con un età compresa tra i 18 e i 55 anni.

Che si sia in una fase in cui il fattore tempo è determinante lo ha ricordato l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, intervenendo in occasione della conferenza “V-day: vaccinarsi è un dovere” organizzata, nei giorni scorsi, da ALI Lazio e trasmessa in diretta sulla pagina Facebook.

Il piano vaccinale del Lazio vede un meccanismo per hub, nel primo trimestre il nostro Paese avrà a disposizione circa 12 milioni di vaccini, tra il vaccino Pfizer, Moderna e Astrazeneca, quindi circa 6 milioni di utenti per la doppia somministrazione. Per la Regione Lazio questo significa che avremo circa 600 mila utenti, quindi 1 milione e 200 mila vaccini.

Il coinvolgimento dei territori e delle comunità locali in questo momento è di fondamentale importanza e il tema è stato menzionato anche dal dott. Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, intervenuto come ospite all’iniziativa di ALI Lazio.

È significativo che Miozzo abbia rivolto un ringraziamento particolare alle amministrazioni comunali che hanno messo a disposizione apposite sedi per consentire le vaccinazioni, a testimonianza che il protagonismo dei territori è fondamentale per rendere il buon esito della campagna di vaccinazioni.

In questa ottica merita, infatti, una riflessione la possibilità implementare l’attuale pianificazione determinata dai governi nazionale e regionale prevedendo una specifica modalità da destinarsi alle piccole realtà territoriali delle zone montane e interne della nostra Regione.

In queste aree prevalgono i comuni medio-piccoli o molto piccoli, quasi sempre a loro volta dispersi in una pluralità di frazioni non sempre collegati da adeguata viabilità e trasporto pubblico. Borghi che contano poche decine di abitanti, per lo più di un’età al di sopra dei 65 anni e, quindi, nella generalità, con scarsa mobilità.

In questi casi sarebbe opportuno prevedere che l’attività di vaccinazione venga svolta direttamente nell’aggregato urbano interessando l’intera popolazione ivi residente, a prescindere dalle categorie, rendendo sempre più protagonisti i medici di base e con l’ausilio di Unità Operative Mobili.

In questa prospettiva il protagonismo degli amministratori locali dovrebbe essere esaltato sia per la fase di sensibilizzazione all’adesione volontaria alla vaccinazione sia per la messa a disposizione delle necessarie infrastrutture.

Con questa integrazione dell’attuale piano sarà certamente possibile raggiungere più facilmente l’obiettivo dell’immunità di collettività e garantire una maggiore capillarità della stessa.

*di Bruno Manzi, Presidente ALI Lazio