
Nel quadro della trasformazione digitale della pubblica amministrazione italiana, l’intelligenza artificiale (IA) rappresenta oggi una delle leve più potenti per innovare i processi, migliorare l’efficienza e rafforzare la fiducia dei cittadini. Se queste opportunità sono particolarmente evidenti nei ministeri e negli enti centrali, è a livello locale – nei Comuni, nelle Province e nelle Città Metropolitane – che l’adozione dell’IA può fare la differenza più concreta e visibile. Qui, infatti, si concentra l’interfaccia quotidiana con i cittadini e si dispiegano molti dei servizi essenziali alla vita delle persone. Questo è emerso anche dal convegno promosso dall’Osservatorio AI4PA in collaborazione con ALI e Upi che si è svolto a Roma, nella Sala consiliare di Palazzo Valentini il 24 giugno e che ha visto una partecipazione ampia e qualificata.
1. Perché l’IA nella PA locale: efficienza, equità, personalizzazione
L’applicazione dell’IA alla pubblica amministrazione locale risponde a tre esigenze fondamentali: semplificare, prevedere, personalizzare. Con strumenti di machine learning, i Comuni possono ad esempio:
- prevedere il rischio di evasione tributaria o abbandono scolastico;
- ottimizzare la raccolta dei rifiuti o la manutenzione urbana sulla base di dati ambientali e di mobilità;
- rispondere in modo automatico e personalizzato alle richieste dei cittadini, riducendo tempi d’attesa e sovraccarichi del personale;
- anticipare vulnerabilità nella gestione del welfare locale o del traffico veicolare;
- realizzare e integrare i necessari monitoraggi ambientali per garantire la salute pubblica;
- sperimentare nuovi strumenti di programmazione, in tutti i settori dell’amministrazione.
In tutti questi ambiti, l’IA può contribuire a una pubblica amministrazione predittiva, non solo reattiva. Come evidenziato nel rapporto di The European House – Ambrosetti, l’adozione dell’IA nella PA italiana ha impatti positivi sul modello operativo, sulla produttività e sulla qualità del servizio.
Tuttavia, il potenziale di innovazione si scontra con una PA locale spesso sottodimensionata, invecchiata, e priva delle competenze necessarie. È qui che il Piano triennale per l’informatica nella PA 2024–2026, promosso da AgID e Dipartimento per la Trasformazione Digitale, gioca un ruolo cruciale.
2. Il Piano triennale AGID: l’IA come leva strutturale
Il nuovo Piano triennale 2024–2026 colloca l’intelligenza artificiale al centro della strategia di evoluzione digitale della PA, prevedendo azioni specifiche e strumenti operativi per gli enti locali. L’architettura del piano è basata su tre macro-aree – processi, applicazioni, tecnologie – e integra la cybersicurezza come layer trasversale, al pari dell’interoperabilità.
Tra gli strumenti previsti, lo Strumento 5 – Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione rappresenta un tassello chiave per promuovere l’adozione dell’IA con criteri di efficacia, trasparenza e sostenibilità. L’obiettivo è fornire agli enti locali:
- linee guida tecniche per l’implementazione di soluzioni IA;
- casi d’uso replicabili;
- modelli di procurement e collaborazione pubblico-privato;
- standard etici e normativi di riferimento.
In questo senso, l’IA non è vista come una tecnologia isolata, ma come parte integrante di un ecosistema digitale in cui i dati pubblici, le piattaforme nazionali (es. pagoPA, ANPR), le infrastrutture cloud e i servizi al cittadino si integrano in modo coerente.
3. Dati, competenze, governance: tre condizioni abilitanti
Affinché l’IA possa essere effettivamente adottata dai Comuni e dagli enti territoriali, servono almeno tre condizioni abilitanti:
- Dati accessibili, strutturati e interoperabili. Senza una strategia solida di data governance, l’IA resta una promessa vuota. È necessario investire sulla qualità e accessibilità del patrimonio informativo pubblico locale.
- Competenze diffuse, sia tecniche che gestionali. Serve formare dirigenti, funzionari e tecnici, evitando di concentrare tutto su pochi specialisti. L’IA va “democratizzata” nella cultura amministrativa.
- Modelli di governance flessibili e collaborativi, che coinvolgano anche il mondo universitario, le aziende ICT locali e le comunità di innovazione.
Un esempio virtuoso è rappresentato dai tavoli di co-progettazione tra AgID, ANCI, università e Regioni, che hanno contribuito alla stesura del Piano triennale 2024–2026.
4. IA e cybersecurity: una sfida crescente per i Comuni
Nel contesto della digitalizzazione, la sicurezza informatica degli enti locali è diventata una priorità assoluta. I casi di attacchi hacker si susseguono e dimostrano rischi crescenti. I Comuni gestiscono un’enorme quantità di dati sensibili – anagrafici, sanitari, finanziari – e sono sempre più esposti a cyberattacchi molto pericolosi per i cittadini e per le amministrazioni. Come si è osservato nel convegno, l’integrazione tra IA e cybersecurity rappresenta oggi una delle frontiere decisive.
L’IA può contribuire alla sicurezza digitale degli enti locali in sei ambiti chiave:
- Previsione del rischio: strumenti predittivi analizzano configurazioni e comportamenti digitali per stimare la probabilità di attacchi.
- Prevenzione: sistemi IA per la formazione personalizzata del personale e il rilevamento di comportamenti a rischio.
- Rilevamento tempestivo: reti neurali che analizzano milioni di eventi per identificare pattern sospetti.
- Risposta alle aggressioni e agli incidenti: automatizzazione delle prime contromisure, come l’isolamento di macchine infette.
- Comunicazione con i cittadini: chatbot intelligenti e sistemi di generazione automatica dei testi per informare tempestivamente in caso di violazioni e per tutelare i diritti lesi.
- Ripristino post-attacco: IA forense per identificare le vulnerabilità e verificare l’integrità dei dati di backup.
Tuttavia, l’efficacia di queste soluzioni dipende dalla capacità degli enti locali di dotarsi di una cultura della sicurezza, con adeguate e continue misure di formazione, oltre che di strumenti tecnologici. La cybersecurity non è solo un problema tecnico, ma una sfida culturale e organizzativa.
5. La via italiana all’IA pubblica: etica, trasparenza, inclusione
Tutti i rapporti più recenti, da quello promosso da Salesforce e TEHA Group a quelli dell’Ambrosetti Club, insistono su un punto cruciale: l’IA nella pubblica amministrazione deve essere affidabile, tracciabile e controllabile. Non basta che funzioni: deve anche essere giusta.
Nel contesto europeo – dove l’AI Act promuove un approccio per livelli di rischio – l’Italia ha l’occasione di distinguersi per una “via pubblica” all’IA fondata su:
- algoritmi trasparenti e verificabili;
- utilizzo dei dati in ottica di bene comune;
- coinvolgimento delle comunità locali nei progetti di innovazione;
- formazione dei cittadini per superare il digital divide cognitivo, non solo tecnologico.
Il rapporto Draghi sulla competitività europea ha sottolineato che senza una PA digitale ed etica, l’Europa perderà terreno rispetto a Stati Uniti e Cina anche in termini di autonomia strategica. E in questo senso, l’IA può essere una leva per ridurre, non aumentare, le disuguaglianze. Quindi, per garantire una PA etica, ci si deve opporre ai tentativi di deregolamentazione che sono particolarmente forti nell’Unione europea, veicolati dalle forze subalterne alle big tech e al governo americano.
Un’agenda possibile per i prossimi anni
Perché l’IA possa trasformare davvero la PA locale, serve una visione di medio-lungo periodo e un impegno condiviso. Una possibile agenda per i prossimi tre anni potrebbe includere:
- la definizione di hub territoriali di innovazione IA, promossi da Comuni capoluogo in collaborazione con università e centri di ricerca;
- l’avvio di progetti pilota su casi d’uso ad alto impatto, come welfare predittivo, gestione del personale, manutenzione urbana;
- l’inserimento di moduli IA nei piani formativi dei dipendenti pubblici e dei responsabili della transizione digitale;
- il potenziamento delle sinergie tra Piano Triennale, PNRR e risorse regionali;
- la promozione di una cultura dell’etica dell’IA all’interno delle amministrazioni, anche attraverso osservatori e comitati di garanzia indipendenti.
La sfida non è solo digitale, ma civile e democratica: fare dell’intelligenza artificiale uno strumento per una PA più umana, equa e capace di futuro.
Di Marco Filippeschi – Direttore esecutivo di ALI